La discesa verso il Colle Vioz avviene attraverso la rocciosa cresta SO del Monte Vioz.
Dal rifugio Mantova al Vioz si risale in breve all'omonima vetta. Dalla cima abbassarsi lungo la cresta per facili roccette e qualche traccia e giunti in prossimità di un ripido salto roccioso deviare alla propria destra (faccia a valle) portandosi al di sotto del filo di cresta. Si percorre ora con un traverso discendente il ripido versante roccioso che da sul Ghiacciaio dei Forni (II, non banale prestare attenzione al percorso) per riportarsi poi sul filo di cresta laddove le difficoltà diminuiscono. Seguire la cresta per abbandonarla nuovamente poco prima del passo che si raggiunge con un esposto traverso su neve sul fianco meridionale.
Dal Colle Vioz (m. 3330) si deve risalire il ripido versante che caratterizza la cresta NE che scende dall'anticima della Punta Taviela e che rappresenta senza dubbio il tratto più impegnativo di tutta la traversata. La risalita di questo tratto comporta un'arrampicata su terreno misto lungo il quale la linea di salita non è sempre ben chiara e dove l'intuito nella scelta dell'itinerario è fondamentale; comunque, affrontando la traversata nel senso qui proposto, si evita di percorrere questo tratto in discesa, che su questo tipo di terreno risulta ancor più delicata. Dal colle risalire lungo tracce e qualche roccetta (passi di I) la ripida e poco definita cresta rocciosa.
Giunti a circa metà del pendio, questo si fa ora più ripido ed impone un'arrampicata su rocce non sempre solide dove occorre prestare qualche attenzione (II, un passo di IV- nel superare uno strapiombino).
Raggiunta la sommità dello sperone e superata l'anticima si prosegue poi facilmente per facili roccette sino alla Punta Taviela. Dalla cima si discende lungo la larga cresta NE per poi risalire sino alla quota 3576 superata la quale si perviene con una breve discesa alla vetta della Cima di Pejo insignificante elevazione che mostra una certa individualità solo se vista da N. Si prosegue facilmente lungo la cresta di neve e rocce abbassandosi sino all'intaglio a quota 3470 e continuando lungo la cresta, ora più sottile e completamente rocciosa, si raggiunge la Rocca Santa Caterina.
Dalla cima abbassarsi verso S di qualche metro sino ad incontrare la catena che permette di discendere il verticale risalto sommitale (si tratta di una paretina verticale di circa 3 m di altezza che originariamente opponeva una difficoltà di IV ma attualmente a causa dell'usura della roccia questo tratto risulta ben più ostico). Superato questo breve ma impegnativo tratto si raggiunge un intaglio dal quale, si discende un diedro di una decina di metri (II) lungo il versante O. Giunti alla base del diedro si traversa lungo il versante O sfruttando una serie di piccole cenge per una sessantina di metri sino a che non è possibile riportarsi sul filo di cresta.
La cresta diventa ora più facile e pianeggiante ed oltrepassata la spalla a quota 3501 si raggiunge il Colle Cadini (m. 3409). La traversata prosegue con la salita della bella Punta Cadini la cui vetta si raggiunge percorrendo la cresta NE (nevosa) che conduce alle facili roccette dell'edificio sommitale (la salita di quest'ultimo tratto è agevolata dalla presenza di un camminamento della Grande Guerra, che presenta una caratteristica scaletta in legno ancora ben conservata).
Dalla cima abbassarsi lungo le roccette verso il Colle degli Orsi e percorrere poi la ripida gobba spesso ghiacciata e con detrito affiorante (attenzione !) sino al colle. Dal Colle degli Orsi (m. 3300), punto più basso toccato dalla traversata, raggiungere il vicino Bivacco Meneghello e da qui proseguire lungo la cresta E della Punta San Matteo. La cresta nevosa dapprima ben definita si trasforma poi in un largo dosso nevoso che si percorre senza alcuna difficoltà sino ad un'ampia sella alla base del pendio SE della montagna.
Il Monte Giumella si raggiunge salendo la facile cresta (spesso viene evitata da chi vuol compiere la traversata in giornata). Ritornati all'ampia sella si risale ora il ripido pendio nevoso raggiungendo la cima dell'elegante Punta San Matteo.
Si segue ora la cresta NO del San Matteo che dapprima esile e poco ripida si trasforma poi in un ripido pendio nevoso alto una ventina di metri (45° ed anche più in questi ultimi anni) che porta ad un pianoro nevoso. Da qui si aggira sulla sinistra il torrione roccioso posto sulla cresta scendendo un corto ma ripido canalino (45°, esposto), spesso ghiacciato (attenzione !) e traversando poi a sinistra (spalle a valle) sino al colletto posto alla base della cresta.
Si prosegue lungo la bella e panoramica cresta che unisce la Punta San Matteo al Pizzo Tresero e che costituisce il tratto finale della traversata. Si superano in successione, senza particolari difficoltà, la Punta Dosegù e la Punta Pedranzini per giungere infine all'elegante piramide del Pizzo Tresero.
La discesa dalla cima verso il Rifugio Berni avviene dapprima lungo la rocciosa cresta SO lungo tracce di passaggio e roccette poi, appena possibile (catena in prossimità di un placcone), si scende sulla Vedretta di Punta Pedranzini e la si percorre senza grandi difficoltà (assenza di crepacci ed un'unica ripida gobba da superare) mantenendosi a ridosso della cresta stessa.
Lasciata alla propria destra la depressione nevoso - detritica alla base della cresta SO ci si porta al termine del ghiacciaio a circa 3150 m di quota. Da qui si imbocca il sentiero ben segnalato che porta nel Vallone del Dosegù ed al ponte dell'Amicizia che permette di attraversare le impetuose acque del Rio Dosegù. Il sentiero esce poi dal vallone ed attraversando le praterie della Valle del Gavia conduce in circa venti minuti di cammino al rifugio.